Il testo che segue è tra da "Il gabbiano Jonathan Livingston" di Richard Bach e le esercitazioni proposte sono stati tratti da
Book in progress
fascicolo 1 - Olte il testo. Antologia tematica
Libertà & Partecipazione
e rielaborati dagli allievi della cl@sse 2.0 dell'ISIS "A. Malignani di Udine"
anno scolastico 2011-2012
Si tratta di un esempio di un lavoro più articolato e completo in fase di elaborazione
Era
di primo mattino, il sole appena sorto luccicava tremolando sulle
scaglie del mare appena increspato.
A
un miglio dalla costa un peschereccio arrancava verso il largo. E fu
data la voce allo Stormo. E in men che non si dica tutto lo Stormo
Buonappetito si adunò, si diedero a giostrare ed
accanirsi
per beccare qualcosa da mangiare. Cominciava così una nuova dura
giornata.
Ma
lontano di là solo soletto, lontano dalla costa e dalla barca, un
gabbiano si stava allenando per suo conto: era
il gabbiano Jonathan Livingston.
Si
trovava a una trentina di metri d'altezza: distese le zampette
palmate,
aperse il becco, si tese in uno sforzo doloroso per imprimere alle
ali una torsione tale da consentirgli
di volare lento. E infatti rallentò tanto che il vento divenne un
fruscio lieve intorno a lui, tanto che il mare ristava immoto sotto
le sue ali. Strinse gli occhi, si concentrò intensamente,
trattenne
il fiato, compì ancora uno sforzo per accrescere solo... d'un
paio... di centimetri... quella... penosa
torsione e... D'un
tratto gli si arruffano le penne, entra in stallo e precipita giù.
I
gabbiani, lo
sapete anche voi, non vacillano, non stallano mai. Stallare,
scomporsi in volo, per loro è una vergogna, è un disonore. Ma il
gabbiano Jonathan Livingston - che faccia tosta, eccolo là che ci
riprova
ancora, tende e torce le ali per aumentarne la superficie, vibra
tutto nello sforzo e patapunf stalla
di nuovo - no, non era un uccello come tanti. La maggior parte dei
gabbiani non si danno la pena
di apprendere, del volo, altro che le nozioni elementari: gli basta
arrivare dalla costa a dov'è il cibo
e poi tornare a casa. Per la maggior parte dei gabbiani, volare non
conta, conta mangiare.
A quel
gabbiano lì, invece, non importava tanto procurarsi il cibo, quanto
volare. Più d'ogni altra cosa al
mondo, a Jonathan Livingston piaceva librarsi nel cielo.
Ma
a sue spese scoprì che, a pensarla in quel
modo, non è facile poi trovare amici, fra gli altri uccelli. E anche
i suoi genitori erano afflitti a vederlo
così: che passava giornate intere tutto solo, dietro i suoi
esperimenti, quei suoi voli planati a
bassa quota, provando e riprovando.
Non
sapeva spiegarsi perchè, ad esempio, quando volava basso sull'acqua,
a un'altezza inferiore alla metà della sua apertura alare, riusciva
a sostenersi più a
lungo nell'aria e con meno fatica. Concludeva la planata, lui, mica
con quel solito tuffo a zampingiù
nel mare, bensì con una lunga scivolata liscia liscia, sfiorando la
superficie con le gambe raccolte
contro il corpo, in un tutto aerodinamico. Quando poi si diede a
seguire planate con atterraggio
a zampe retratte anche sulla spiaggia (e a misurare quindi, coi suoi
passi, la lunghezza di
ogni planata) i suoi genitori si mostrarono molto ma molto
sconsolati.
"
Perchè non devi essere un gabbiano come gli altri, Jon? Ci vuole
tanto poco! Ma perchè non lo lasci ai pellicani il volo radente?
agli albatri? E perchè non mangi niente? Figlio
mio, sei ridotto penne e ossa! " .
"
Non m'importa se sono penne e ossa, mamma. A me
importa
soltanto imparare che cosa si può fare su per aria, e cosa no: ecco
tutto. A me preme soltanto
di sapere.
"
Sta' un po' a sentire, Jonathan " gli disse suo padre, con le
buone. " Manca poco
all'inverno. E le barche saranno pochine, e i pesci nuoteranno più
profondi, sotto il pelo dell'acqua.
Se proprio vuoi studiare, studia la pappatoria
e
il modo di procurartela! Sta faccenda del
volo è bella e buona, ma mica puoi sfamarti con una planata, dico
bene? Non scordarti, figliolo, che
si vola per mangiare.“
Jonathan
assentì, obbediente. Nei giorni successivi cercò I quindi di comportarsi
come gli altri gabbiani. Ci si mise di buona volontà. E, gettando
strida, giostrava, torneava
anche lui con lo Stormo intorno ai moli, intorno ai pescherecci,
tuffandosi a gara per acchiappare un pezzo di pane, un pesciolino,
qualche avanzo. Ma a un certo punto non ne potè più.
Tutto
questo non ha senso, si disse: e lasciò cadere, apposta, un'acciuga
duramente conquistata, se la
pappasse quel vecchio gabbiano affamato che lo seguiva. Qui perdo
tempo, quando potrei impiegarlo
invece a esercitarmi! Ci sono tante cose da imparare! Non andò
molto, infatti, che Jonathan
piantò lo Stormo e tornò solo, sull'alto mare, a esercitarsi,
affamato e felice.
Adesso
studiava velocità e, in capo a una settimana di allenamenti, ne
sapeva di più, su questa materia, del più veloce gabbiano che c'era
al mondo.
Eccolo
a circa trecento metri d'altezza che, battendo le ali a più non
posso, si butta in picchiata: una picchiata vorticosa verso le onde.
A questo punto capisce perchè ai gabbiani questa manovra, a tutta
velocità, non può riuscire. In appena sei secondi, uno
tocca
le settanta miglia all'ora: velocità alla quale l'ala d'un uccello
non è più stabile, nella fase discendente.
Ci
si era provato più volte, ma sempre con lo stesso risultato. Pur
mettendoci il massimo impegno, perdeva sempre il controllo, a una
velocità così elevata.
Saliva
a quota trecento. Avanti
dritto, a tutta birra,
prima.
Poi scivolata d'ala. E giù in picchiata. Niente! Ogni santa volta
l'ala
sinistra andava in stallo nella fase ascendente, lui veniva spostato
con violenza a mano manca,
stallava
con la sinistra per cercare di riprendersi e, trac, cadeva in vite.
Non
riusciva a metterci sufficiente attenzione, al momento in cui dava
quel colpo d'ala ascendente.
Dieci
volte aveva provato
e ogni volta, appena toccate le settanta miglia orarie, si
trasformava in una trottola di penne e, perduto il dominio dell'aria,
tonfava nell'acqua.
Il
trucco - gli balenò alla fine in mente,
quand'era
ormai fradicio - consiste nel tener le ali ferme. Sì: remeggiare
finché non sei sulle cinquanta
miglia, poi tener salde le ali. Salì a quota seicento e riprovò. Si
buttò in picchiata, diritto in giù; ali tutte aperte, appena
toccate le cinquanta, spiegate e ferme. Occorreva una forza
tremenda,
ma il trucco riusciva. Nello spazio di dieci secondi, era sfrecciato
a novanta miglia l'ora. Jonathan
aveva stabilito il record mondiale di velocità dei gabbiani!
Ma
il suo trionfo fu di breve durata.
Nell'istante in cui s'accinse a risalire, nell'istante in cui mutò
l'angolazione delle ali, perse disastrosamente il controllo, frullò
e divenne un turbinio di penne. Come prima: solo che, a novanta, fu
un effetto dinamite. E Jonathan esplose in aria. Piombò in mare. In
un mare duro come il
granito. Quando tornò in se, era buio da un bel pezzo. Galleggiava
cullato dalla maretta, sulla scia del
chiardiluna. Si sentiva le ali sbrindellate pesanti come piombo, ma
più ancora gli pesava il fallimento.
Si augurò, indebolito com'era, che quel peso bastasse a trascinarlo
dolcemente giù, verso il fondo, e che fosse finita.
Mentre
affondava, una voce strana e cupa risuonò dentro di lui. Ah, non c'è
via di scampo. Niente da fare, sei un gabbiano. La natura ti impone
certi limiti. Se tu fossi
destinato ad imparare tante cose sul volo, avresti un portolano nel
cervello.
Carte
nautiche avresti, per meningi. E se tu fossi fatto per volare come il
vento, avresti l'ala corta del falcone, e mangeresti i topi anzichè
pesci. Sì sì, aveva ragione tuo padre. Lascia perdere queste
stupidaggini. Torna a casa, torna presso il tuo stormo, e
accontentati di quello che sei, un povero gabbiano
limitato.
Quella
voce svanì, e Jonathan era d'accordo. Un gabbiano a quest'ora di
notte dovrebb'essere
a nanna, sulla costa. D'ora in poi, giurò Jonathan, io sarò un
gabbiano per bene. E tutti
saranno contenti di me.
A
fatica si tirò fuori dall'acqua e si diresse mestamente verso terra.
Meno male che aveva imparato a
volare a bassa quota, il che gli consentiva un risparmio di energie.
Non
pensiamoci più, disse a se stesso.
E’ finita, non sono più me stesso. Devo scordarmi quello che ho
imparato. Quello che ero ero,
adesso sono soltanto un gabbiano come tutti gli altri. Gabbiano sei,
e da gabbiano vola.
E
così si
levò, benchè stanchissimo, a una quota di circa trenta metri e si
mise a remigare alacremente, alla gabbiana, verso la costa.
Si
sentì meglio, dopo aver preso quella decisione di comportarsi come
un
gabbiano qualsiasi. Basta! non avrebbe dovuto dar più retta a quel
dèmone che
l'istigava a imparare nuove cose. Basta d'ora in poi con le sfide,
basta coi fallimenti.
Ah,
era bello smettere di pensare, e volare tranquilli nel buio, verso le
luci occhieggianti della costa.
Nel
buio! La voce cavernosa suonò chioccia di paura. Ma i gabbiani non
volano al buio! mai!
Però
Jonathan, distratto, non le badò. Com'è bello, ripeteva fra sè. La
luna col suo strascico d'argento, e le luci della riva che
disegnano
tremule scie sull'acqua, nella notte, così calma e tranquilla.
Posati!
I gabbiani non volano al
buio! Se eri nato anche per volare di notte, avresti gli occhi come
una civetta! Una bussola avresti, per cervello! Avresti l'ala corta
del falcone!
Librato
nelle tenebre, lassù, il gabbiano Jonathan, a questo punto, battè
gli occhi. La fatica svanì, svanì il dolore, e anche i buoni
propositi svanirono.
L'ala
corta. Le ali corte di un falco! Ecco la soluzione. Che sciocco, a
non averci pensato prima!
Quello che occorre è solo un'ala corta: e, allora, basterà che io
tenga raccolte le mie ali, che le
tenga ritirate, quasi del tutto, e che ne adopri soltanto le
estremità. Ali corte!
Si
portò subito a
seicento metri di quota, sopra il mare di pece e, senza star lì a
pensare un momento che poteva fallire,
anche morire, portò le ali ad aderire saldamente al corpo, lasciando
tese al vento solo le strette estremità di esse, a mo' di alettoni,
e si gettò in picchiata.
Il
vento gli intronava nella testa con un fragore spaventoso. Settanta
miglia all'ora, novanta, centoventi, e ancora, ancora. Più forte. A
centoquaranta miglia l'ora la tensione dell'ala era
inferiore
a quella di prima a settanta, e bastò una leggerissima torsione per
uscire di picchiata e saettare verso il cielo alto, grigio bolide
sotto il chiardiluna.
Raggrinzì
gli occhi a fessura, nel vento, e
il suo cuore esultava. Centoquaranta miglia all'ora! Senza dare una
sbandata! E se mi tuffo non da
cinquecento ma da mille metri e più, chissà a che velocità.
Il
giuramento di poc'anzi era dimenticato,
l'ebbrezza del volo l'aveva spazzato via. Eppure non si sentiva in
colpa, anche se non aveva
mantenuto la promessa fatta a se stesso. Promesse di quel genere
impegnano soltanto quei gabbiani
che s'appagano dell'ordinario tran-tran
.
Ma uno che aspira a una sempre maggiore perfezione, non sa proprio
che farsene di simili promesse!
AI
levar del sole, Jonathan era di nuovo là
che si allenava. Visti da mille e più metri, i pescherecci
sembravano scagliuzze nella glauca distesa
delle acque, lo Stormo Buonappetito come unindistinto nugolo di
volteggianti atomi di polvere.
Lui si sentiva vivo come non mai, e fremente di gioia, fiero di aver
domato la paura. […]
Ebbe
un moto di trionfo. Aveva toccato il limite estremo della velocità!
Un gabbiano a duecentoquattordici
miglia orarie! Era un primato che segnava una data, era il momento
più fulgido nella storia dello Stormo, e per il gabbiano Jonathan da
quel momento si dischiudevano orizzonti nuovi. […]
Quando
lo sapranno - pensava -, quando sapranno delle Nuove Prospettive da
me
aperte, impazziranno di gioia. D'ora in poi vivere qui sarà più
vario e interessante. Altro che far la
spola tutto il giorno, altro che la monotonia del tran-tran
quotidiano sulla scia dei battelli da pesca!
Noi avremo una nuova ragione di vita. Ci solleveremo dalle tenebre
dell'ignoranza, ci accorgeremo d'essere creature di grande
intelligenza e abilità. Saremo liberi! Impareremo a
volare!
L'avvenire
gli appariva tutto rose e fiori. Appena toccò terra, vide che i
gabbiani erano riuniti in assemblea generale. Ed avevano tutta l'aria
di trovarsi in riunione già da tempo. Fatto sta che aspettavano
proprio lui.
”II
gabbiano Jonathan Livingston si porti al centro dell’emiciclo!”
ordinò
l'Anziano. Il suo tono di voce era quello delle grandi cerimonie.
E
quell'ordine è sempre foriero
o
di grande vergogna o grandi onori. E lì al centro dell'Emiciclo che,
appunto, ai gabbiani che più si sono distinti viene reso onore dal
Consiglio.
Ma
sì, pensò Jonathan, stamattina mi hanno visto. Tutto lo Stormo ha
assistito alla mia impresa. Ma io non voglio onori. Non aspiro a
essere un capo. Io desidero solo farli partecipi delle mie scoperte,
mostrar loro i magnifici orizzonti che ora si sono aperti per noi
tutti.
E
si fece avanti.
“II
gabbiano Jonathan Livingston” l' Anziano proclamò
“viene
messo alla gogna e
svergognato al cospetto di tutti i simili!” Fu come se l'avessero
colpito con
una randellata. I ginocchi gli si sciolsero, le penne gli si fecero
flosce, le orecchie ronzavano. Messo alla gogna? lui? Ma no,
impossibile! E la grande Impresa? le Nuove Prospettive? Non hanno
capito
niente! C'è un errore! si sbagliano di grosso!
“…
per
la sua temeraria e
irresponsabile
condotta”
intonava la voce solenne “per esser egli venuto meno alla
tradizionale dignità della grande Famiglia dei Gabbiani. ...”
Questo
significava ch'egli sarebbe stato espulso dal consorzio dei
suoi
simili, esiliato, condannato a una vita solitaria laggiù, sulle
Scogliere Remote.
“...affinchè
mediti
e impari che l'incosciente temerarietà non può dare alcun frutto.
Tutto ci è ignoto, e tutto della
vita è imperscrutabile, tranne che siamo al mondo per mangiare, e
campare il più a lungo possibile”
Nessun
gabbiano, mai, si leva a protestare contro le delibere del Consiglio,
ma la voce di Jonathan
si levò. “ Incoscienza? Condotta irresponsabile? Fratelli miei!”
gridò. “ Ma chi ha più coscienza
d'un gabbiano che cerca di dare un significato, uno scopo più alto
all'esistenza? Per mill'anni
ci siamo arrabattati per
un tozzo di pane e una sardella, ma ora abbiamo una ragione, una
vera
ragione di vita. ..imparare, scoprire cose nuove, essere liberi!
Datemi solo il tempo di spiegarvi quello
che oggi ho scoperto. ...” Ma lo Stormo pareva di sasso, tant'era
impassibile.
“Non
abbiamo più
nulla in comune, noi e te.” intonarono in coro i gabbiani, e, con
fare solenne, sordi alle sue proteste, gli voltarono tutti la
schiena.
E
il gabbiano Jonathan visse il resto dei suoi giorni esule e
solo.
Volò oltre le Scogliere Remote, ben oltre.
Il
suo maggior dolore non era la solitudine, era che gli altri gabbiani
si rifiutassero di credere e aspirare alla gloria del volo. Si
rifiutavano di aprire gli occhi per vedere. Ogni giorno, lui
apprendeva nuove cose. Imparò che, venendo giù in picchiata a tutta
birra, puoi infilarti sott'acqua e acchiappare pesci più prelibati,
quelli che nuotano in branchi tre metri sotto la superficie: non
aveva più bisogno di battelli da pesca e di pane raffermo, lui, per
sopravvivere. Imparò a dormire sospeso a mezz'aria, dopo aver
stabilito alla sera la sua rotta, nel letto della corrente d'un vento
fuoricosta, e coprire così un centinaio di miglia dal tramonto
all'alba.
Con
uguale padronanza ora volava attraverso fitti banchi di nebbia
sull'oceano, o sennò si portava al
di sopra di essi, dove il cielo era limpido e il sole
abbagliava...mentre gli altri gabbiani, con quel
tempo,
se ne stanno appollaiati in terraferma, mugugnando
per
la pioggia e la foschia. Imparò a sfruttare
i venti d'alta quota, e portarsi nell'entroterra, per un bel tratto,
e far pranzo con insetti saporiti.
Quel
che aveva sperato per lo Stormo, se lo godeva adesso da sé solo.
Egli imparò a volare, e
non si rammaricava per il prezzo che aveva dovuto pagare. Scoprì
ch'erano la noia e la paura e la rabbia a render così breve la vita
d'un gabbiano. Ma, con l'animo sgombro da esse, lui, per lui, visse
contento, e visse molto a lungo. Arrivarono ch'era già sera. E
trovarono Jonathan che volava librato,
solo e in pace con se stesso, nel libero cielo che lui tanto amava. I
due gabbiani che, a un tratto, gli comparvero d'accanto, uno di qua e
uno di là, erano candidi come la luna, e dalle loro piume emanava un
chiarore blando, suadente, nell'aria che imbruniva.
Ma
più amabile ancora era la grazia, l'abilità, con cui volavano,
mantenendo, fra le punte delle rispettive ali, una breve e
costante
distanza.
Senza
profferir parola, Jonathan volle metterli alla prova.
Una
prova che mai nessun gabbiano aveva superato. Impresse alle sue ali
una torsione tale che gli permise di rallentare, fino al limite
estremo, a un soffio dallo stallo. Ebbene, quei due radiosi uccelli,
pure loro, rallentarono con lui, gli restarono alla pari, senza
sforzo. Altrochè se s'intendevano, di volo lento.
Allora
lui, raccolte le ali, rotò e si buttò giù in picchiata a
centonovanta miglia all'ora. E quelli si
tuffarono con lui, sfrecciando insieme a lui, in perfetta formazione.
Infine
lui compì, nella cabrata, un lungo mulinello verticale. E quelli
volteggiarono con lui, tutti giulivi.
Si
rimise in volo orizzontale e per un po' non aprì becco.
“Molto
bene,” disse poi. “e voi chi siete?”
“Veniamo
dal tuo Stormo,
Jonathan. Siamo fratelli tuoi.”
Quelle
parole furono pronunciate con calma e fermezza.
“Siano
venuti per condurti più in alto. Per condurti a casa”
“Io
casa non ne ho. Nè ho una patria, nè uno
stormo. Sono un Reietto. E più in alto di così, ve l'assicuro –
stiamo volando alla sommità del Vento che nasce dalla Grande
Montagna - più in alto di così, tranne magari un par di cento
metri, non riuscirei a sollevare questo mio vecchio corpo. “
"
Sì che invece puoi riuscirci, vecchio Jonathan. Perché tu hai
imparato tutto. Hai terminato un corso d'istruzione, e ne incomincia
un altro, per te. Adesso.”
Come
aveva illuminato tutta quanta la sua vita, il lume dell'intelletto
lo
soccorse
in quel momento, e lui capì. Avevano ragione, quegli uccelli. Lui
poteva volare, sì, più in alto. Ed era l'ora, sì, di andare a
casa. Abbracciò con un ultimo sguardo il suo cielo, i magnifici
campi del cielo, dove aveva imparato tante cose. " Sono pronto.”
disse alfine.
E
il gabbiano Jonathan Livingston
fece prua verso l'alto, scortato da quei due splendidi uccelli, e
scomparvero insieme nella notte.
Proposte di lavoro sulla comprensione e l'analisi del testo
Qual'è
il
momento
di
massima
tensione
narrativa
(spannung)?
quando il gabbiano
Jonathan tocca per la priva volta le settanta miglia orarie
| |
quando
il
gabbiano
Jonathan
dopo
ripetuti
tentativi
arriva
prima
a
cinquanta
miglia
all'ora
poi
sessanta
e
infine
novanta.
| |
quando
Jonathan
fu
convocato
dal
consiglio,
il
futuro
gli
pareva
rosa
e
fiori
ma
ebbe
un'amara
delusione
| |
quando
volò
a
centonovanta
miglia
orarie
insieme
ai
due
gabbiani
misteriosi
|
Motiva
la tua risposta:
Perchè
dopo
quell'episodio
la
vita
di
Jonathan
cambiò
radicalmente,
in
quel
momento
capisce
che
le
sue
aspirazioni
non
verranno
mai
comprese,
verrà
esiliato
e
comincia
una
nuova
vita.
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Perchè
Jonathan
raggiunse
il
suo
obbiettivo,
l'aspirazione
al
volo
come
un'arte
e
il
raggiungimento
della
perfezione,
in
questo
caso
la
velocità
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Perchè
il
fatto
è
narrato
ha
un
ritmo
incalzante
ed
è
colmo
di
tensione
e
suspence,
caratteristiche
peculiari
dello
Spannung
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Perchè
Jonathan
raggiunse
la
pace
interiore,
raggiunge
la
perfezione
nel
volo
e
viene
compreso
dai
suoi
simili.
Il narratore è
interno o esterno?
Com'è il
punto di vista o focalizzazione?
Protagonista
del testo è Jonathan Livingston. Scegli tra quelli dati 4
aggettivi che, secondo te,
sono adatti a descrivere le sue caratteristiche:
Quali
ragioni determinano la decisione dello Stormo di scacciare Jonathan?
Nel
racconto appaiono anche altri personaggi: i genitori di Jonathan.
Quale atteggiamento hanno
nei confronti di Jonathan?
Da
cosa è dettato tale atteggiamento?
Cosa
significa la frase del padre di Jonathan “si vola per mangiare”?
Quale
diversa finalità attribuisce Jonathan al volo?
Dopo
essere stato cacciato dallo stormo, quali sentimenti dominano
Jonathan?
Da
cosa sono determinati tali sentimenti?
Cosa
permette a Jonathan di “vivere contento”?
Chi
sono, a tuo avviso, i due gabbiani che "arrivano ch'era già
sera"?
Riflessioni sul lessico
Patapunf
Questa
è una
cioè una parola che non ha un
vero significato, ma che vuole solo rappresentare un
.
Che
cosa significa la parola "pappatoria"?
Se
jonathan volava alla velocità di 70 miglia all'ora, a quanti
chilometri all'ora viaggiava?
"A
tutta birra" cosa significa questa espressione gergale?
A
mano manca:
Scegli,
usando un vocabolario, il sinonimo più adatto tra i seguenti
Ascendente:
Scegli,
usando un vocabolario, il sinonimo più adatto tra i seguenti
Trottola
di penne:
Trova il significato corretto di questa metafora tra i seguenti
Quale
tra le seguenti parole è un sinonimo di "turbinìo"
?
In
un mare duro come il granito: Che
significato ha questa similitudine?
Che
cosa significa maretta?
“Basta!
non avrebbe dovuto dar più retta a quel dèmone”. Cosa
significa la parola dèmone in questo contesto?
Mare
di pece: cosa viole esprimere l’Autore con questa metafora?
Tran-tran:
Questa espressione tende a riprodurre un suono, ma ha un significato
ben preciso, ovvero:
Glauca:
Cerca tra i seguenti un sinonimo di questo termine che sia adeguato
al contesto
“...era
il momento più fulgido...”. Trova un sinonimo di tale
aggettivo
“Ci
solleveremo dalle tenebre dell’ignoranza …”. Con quale frase
puoi sostituire questa metafora?
Che
cosa significa l'espressione "tutto rose e fiori"?
Che
aggettivo può sostituire l'espressione "tutto rose e
fiori"?
“Il
gabbiano Jonathan Livingston si porti al centro dell’emiciclo …”.
Cos’è un emiciclo?
“E
quell'ordine è sempre foriero …”. Il termine viene dal
latino ferre, che significa “portare”. Quale delle seguenti
espressioni ha lo stesso significato?
“Messo
alla gogna” l’espressione è riferita a una pena in uso
soprattutto nel Medioevo. Cosa significa?
Cosa
significa il termine “gogna” in questo contesto?
“…per
la sua temeraria e irresponsabile condotta”. Cosa significa
“temeraria”?
“Per
mill'anni ci siamo arrabattati ...” Cerca un sinonimo di
"arrabattati".
“Ma
lo stormo pareva di sasso, tant’era impassibile”. Cosa vuole
intendere l’autore con questa similitudine?
Che
cosa significa l'espressione "aprire gli occhi per vedere"?
“appollaiati
in terraferma, mugugnando …”. Cosa significa la parola
“mugugnando”?
“… nell'aria
che imbruniva …”. Il termine deriva da “bruno”: cosa
significa in questo contesto?
“Giulivi”.
Cerca sul vocabolario un sinonimo dell’aggettivo:
“Come
aveva illuminato tutta quanta la sua vita, il lume dell'intelletto lo
soccorse in quel momento.” Cosa rappresenta questa frase?
|